lunedì 3 marzo 2014

Amo

Amo, il suono della chitarra.
Amo i fili d'erba quando pitturano di verde
l'imbarazzo di una coperta, buttata in pasto
al desiderio.
A quell'odore che ti impasta le narici, e
ti blocca il respiro.
La sincerità volgare di una notte sbronza
tra birra e due carezze strappate alla solitudine.
Amo dire ti amo, a me stesso.
A chi lo cerca, a chi lo trova e mi ama tanto
da mostrarmelo così come è
senza mettere una virgola quando la punteggiatura
serve solo a rallentare un discorso che corre
dritto alla meta nella metà di te che è morta
nascendo.
In quell'attimo: il pianto, il respiro.
Il battito che è più vivo della vita.
Che abbraccia speranza e sogni.
Che la insegue, la raggiunge e senza guardare
nel viso dei presenti: la mostra nella sua semplice
integrità. Stupendo anche l'abitudine.
Amo dire ti amo, a chi ha cuore,
ma non ha coraggio per accordare la
sua melodia ai gesti e al movimento delle
labbra. Inumidite da ciò che è sfuggito all'aria
ed è scivolato in qualche lacrima.
Amo queste tre lettere, saltate da una penna
a tre dita. Senza disagio. Senza indugiare nel
tempo che passa e ti ignora, li incontro
in un momento lontano da incontri
reali. Ora, amo.



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